Un volto, un paesaggio, l’incontro con un luogo amato da un grande artista: frammenti capaci di accendere emozioni che Enrica Miglioli elabora con un’opera lenta di chiarificazione interna, di ricerca dei mezzi per trasmettere il fascino del mondo, il suo mistero, la sua energia talora tragica.
E’ la necessità intima di fissare gli attimi preziosi, perché non si dissolvano nel rincorrersi delle azioni e delle costrizioni quotidiane, che la spinge ad affinarsi nel disegno, nell’uso sapiente del colore e della forma; la stessa istanza muove Enrica alla ricerca della parola, perché la poesia può essere più immediata nel comunicare l’intensità dei sentimenti. E spesso le due espressioni si riforzano a vicenda.
Creatura di terra, fortemente legata alla vita e agli impegni quotidiani, alla qualità del rapporto con le persone a lei affidate, l’Artista non può allontanarsi dal mondo reale per frequentare le dimensioni e le coerenze dell’astrazione. Consapevolmente sceglie perciò il linguggio figurativo, il riferimento al mondo e alle sue manifestazioni, che forza – trasponendole sulla tela – in un’espressività irruente e drammatica.
Nei dipinti di Enrica Miglioli l’immagine si struttura sul colore come elemento fondante: è il colore a generare la forma e a suggerire la dimensione spaziale. Prive di disegno, le sue creazioni sembrano valicare di getto il momento della riflessione sulla realtà per trasmettere la temperatura emotiva degli stati d’animo; in effetti ogni quadro di Enrica, come ogni sua poesia, richiede invece tempi lunghi di gestazione, di ascolto, di ripensamento, prima di trovare la pienezza della realizzazione.
Dalle prime opere, ricche di lirismo e dolcezza, dove il colore è costruito per stesure dense ma trasparenti, quasi soffuse, nella fase più matura l’Artista passa all’uso di un colore pastoso, per larghe pennellate; esso materializza una forma dilagante, fortemente simbolica, carica di inquietudine. Altrove il colore si affida a pennellate filamentose che legano figure e ambiente in un continuum: si sconvolge così ogni contorno e tutti gli elementi rappresentati si unificano nel segno di una forte accensione passionale.
Enrica ha eletto Van Gogh a suo maestro spirituale, ne ha letto gli scritti, ha compiuto un autentico pellegrinaggio per ritrovare i luoghi della sua breve vita, per respirare l’ambiente in cui il grande pittore creava: a lui si rifà con devozione, ravvisando nelle sue opere gli stessi patimenti, le incertezze, le ansie di ricongiungersi all’assoluto.
Nelle opere degli anni più recenti la pittura di Enrica si è fatta più luminosa; liberato dall’inquietudine, il colore è più puro e poetico, mentre la visione si è arricchita di una nuova dimensione spaziale. Se in precedenza tutta la costruzione rimandava alla superficie e ogni profondità era suggerita dal colore, oggi una necessità espressiva nuova si è imposta nel linguaggio di Enrica: l’“imperfezione”, come lei stessa annota. L’ignoto che si cela in ogni apparenza sensibile, la coscienza che la realtà si estende ben al di qua e al di là del visibile hanno portato l’Artista a varcare i limiti naturali del quadro invadendo la cornice fino a tramutarla in parte integrante del dipinto. E questa ricerca si spinge oltre; in alcuni lavori, infatti, la continuità di immagini fra tela e cornice è interrotta da una fascia di plexiglas trasparente: si crea così una sospensione che evoca il reale mistero dove l’immagine dimora. In questa zona anche lo spettatore è chiamato a sostare.
C. Manuela Collica Boccali
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