”Sogno o realtà? Di che materia è fatta questa vita?”
Come Meg se l’è chiesto cantando in ’Simbiosi’, noi ce lo chiediamo davanti ai quadri di Federica Costa.
Tutti i giorni ci alziamo, facciamo colazione e andiamo al lavoro. Stop. Pausa pranzo. Stop. Si riprende, la sera cala, torniamo a casa. Stop. Si mangia, ci si prende cura di sé stessi, del focolaio, dei cari. Stop. Si chiude gli occhi ed è già mattina.
Ma cosa succede se ci fermiamo a pensare tra uno stop e l’altro?
Nei momenti di intimità con noi stessi viene da pensare alla santa beatitudine di quando eravamo bambini, di quando immaginavamo le storie che ci raccontava la mamma prima di dormire, di quando chiudevamo gli occhi e immaginavamo un mondo caramellato e colorato.
Ora è tutto più lontano, annebbiato, ma basta guardare un quadro della Costa per farci tornare in mente quelle sensazioni.
I colori sgargianti e le volumetrie distorte ma compatte formano paesaggi surreali e fiabeschi che ci riportano alla mente le illustrazioni di Francesco Musante; come lui interpreta il ricordo ed il racconto in chiave onirica e fiabesca, con meno dovizia di particolari e con maggiore spontaneità.
I quadri di Federica Costa hanno un tono illustrativo molto spiccato, dolce e poetico come lo erano le illustrazioni del belga Folon, ma a differenza sua usa colori più acidi e forti e un disegno dal tratto più deciso.
Con personaggi volanti alla Chagall, descrizioni di giocoleria e tradizioni popolari alla Bruegel, la Costa ci scorta nel mondo delle favole, che spesso si fanno desiderio reale d’evasione dalla contemporaneità. Sono pensieri e parole illustrate, sono personaggi sospesi nell’aria in bilico su corde sottili, sono elementi del cielo trattenuti da ragnatele di fili che li tengono uniti, come noi cerchiamo di non lasciare andare il bambino dentro di noi, che ci mantiene vivi.
Michela Malisardi
(critica d’arte)
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