Sono Gianluca Maroli e sono un fotografo free lance e un impiegato aeroportuale. Lo sottolineo sempre perché credo sia doveroso ed importante essere sempre sinceri e rimanere il più possibile con i piedi ben affondati nel terreno: solo cosi si può interpretare al meglio la realtà di tutti i giorni e fotografare bene. Quando si perde il contatto con la realtà, infatti, si smette di parlare con la gente normale e si inizia a fotografare il nulla, cercando di conferirgli un’accezione artistica.
Per me l’arte è il tutto che si nasconde nel piccolo gesto di una badante corpulenta dell’est che fa la spesa con una vecchina, e ogni due parole le fa ”Va bene Amuore?” e la vecchina ogni volta, per risposta, le passa una mano sulla guancia. Amorevolmente. E queste cose non le vedi se passi il tempo a fotografare tramonti o gente nuda in mezzo ad un bosco. Mi piace raccontare pezzetti di vita reale e magari prendermene gioco. Sparigliare le carte. Voglio far ridere ma anche un po’ piangere. E perché no, anche indignare a volte. Tutto purché ci sia una reazione. Tutto purché la reazione non sia solo dovuta ad una provocazione vuota.
Sono entrato nel mondo della fotografia una decina di anni fa, da autodidatta, ma con impegno e determinazione sono riuscito a farmi strada nel mondo del cantautorato indipendente romano, collaborando con svariati artisti del panorama indie.
Inizialmente il mio approccio con la fotografia era molto elementare, un sentimento di pancia, innocente, quasi fanciullesco. Le mie foto consistevano per lo più in scatti rubati per le vie di Roma a soggetti inconsapevoli. Ero timido e non sapevo bene come approcciare le persone. I miei punti di riferimento erano i grandi del passato: Cartier Bresson, Doisneau, Erwitt. Negli anni però ho subito un’evoluzione e ho capito, crescendo, che scimmiottare i mostri sacri della fotografia, senza permeare di significato ogni singolo scatto, non mi avrebbe portato da nessuna parte.
La collaborazione con un’agenzia fotografica di Milano e la possibilità di venire a contatto con grandi professionisti ha risvegliato in me la voglia di realizzare progetti che “parlassero” del mondo che ci circonda, dei suoi lati comici e a volte (molto spesso) grotteschi. Ho imparato ad interagire con i soggetti da fotografare e a rendere le foto il risultato di quello scambio di esperienze, di opinioni.
Uno dei progetti più riusciti rimane senza dubbio L’HOMME(LESS), che tenta di vedere da un’altro punto di vista il problema della crisi e gioca sui nuovi bisogni della gente.