Giorgio Mercuri incomincia il suo percorso artistico intorno agli anni Ottanta, affidandosi all’idea di artigianalità della costruzione formale tipicamente europea e italiana. Nel suo stile si ritroviamo, inoltre, le influenze di alcuni scultori e pittori che hanno operato negli anni Settanta ad Ancona e non solo, come Attilio Pierelli, Edgardo Mannucci e Giuseppe Uncini.
Nelle opere di Giorgio Mercuri è recuperata la grande lezione di Josef Albers che voleva sottolineare la funzione del colore perché conserva un’identità propria. Le cromie creano una serie d’interazioni, che nel pensiero del pittore, sono rappresentazioni del territorio. Egli si riferisce, anche, agli artisti della hard edge quali Frank Stella, Kenneth Noland e Ellsworth Kelly, pur conservando una propria autonomia nella proposta artistica. Infatti, Mercuri ha sviluppato la sua ricerca che comprende l’analisi dei rapporti tra luce, realtà fisica e bidimensionale che hanno dato vita a una serie di dipinti insoliti per la resa del passaggio o la riproduzione della natura.
Attraverso un gioco di riflessi tra i colori brillanti e scuri, Mercuri progetta costantemente immagini in cui il tema principale – che è solitamente la campagna marchigiana – riesca a evocare una realtà molto più profonda. Importante è, quindi, nel suo lavoro la capacità di fondere suggestioni culturali, artistiche e scientifiche assieme, atteggiamenti della tradizione pittorica locale.
La serie di dipinti notturni si ispira, invece, alle fotografie di Mario Giacomelli che fotografò la campagna marchigiana segnata dai solchi delle arature dei trattori. Le opere che rappresentano la notte, esposte alla mostra “Il pane nostro” nel 2017, agli ex Magazzini del sale, sono straordinarie intensità.