Silvano Bruscella nasce nel 1974 a Sesto San Giovanni (MI).
Si diploma all’Istituto Statale d’Arte di Monza e nel 2001 si laurea in Architettura al Politecnico di Milano. Dopo una breve parentesi di collaborazioni con alcuni studi di architettura, nel 2003 frequenta la scuola di Arteterapia al Centro di Formazione “La Linea dell’Arco” di Lecco, approfondendo il legame tra le due discipline e organizzando laboratori creativi e di supporto al progetto architettonico. Nel 2006, a seguito dell’incontro con Laura Ramoino, Bruscella entra in permanenza presso la Galleria “Le Tele Tolte”, partecipando a rassegna dove l’artista, il cui nome è volutamente nascosto, accompagna l’osservatore nell’opera e nel concetto rappresentato. Nel 2007 espone con la mostra collettiva “In-Visibil-Arte”, al Museo Angelo Rizzoli di Ischia e nell’Ex Convento di Santa Chiara per il XXXIV Premio Sulmona invitato dal Prof.Giorgio Di Genova. Negli stessi anni concentra il lavoro sull’immagine del cyborg, l’uomo migliorato da componenti esterne tecniche e tecnologiche, e presenta i risultati della ricerca con una personale allo spazio Sottovuoto di Milano.
Parallelamente inizia a sperimentare la tecnica del collage, riciclando vari tipi di carta (pubblicità, sacchetti, scontrini, ricevute, ecc…) e servendosene per denunciare sprechi e disagi sociali. Nel 2008 si unisce al Movimento Innaturalista, dichiarando così il rifiuto dell’attuale sistema artistico ed esprimendo un giudizio fortemente negativo nei confronti dell’arte dell’ultimo mezzo secolo.
Dal 2010 definisce il suo lavoro il risultato di continue “coincidenze”, dove segni, colori, forme, materiali e abbaglianti illusioni si mescolano a gesti convulsi e fanno emergere le figure che animano le storie della sua pittura.
Bruscella continua a presentare il proprio lavoro grafico e pittorico in varie collettive e personali in Italia e all’estero come fossero le pagine di un diario, riscontrando apprezzamento sia da parte del pubblico che dalla critica.
Silvano Bruscella vive e lavora tra Milano e Gaeta.
TESTO CRITICO
Per Silvano Bruscella, Coincidenze
Francesco Porzio
Silvano Bruscella è un artista dotato; se le vicende personali e professionali non lo avessero ostacolato troppo spesso nell’esercizio quotidiano della pittura, sono convinto che avrebbe raggiunto ancor prima la maturità espressiva che dimostra in questi dipinti. Mi ha sempre colpito, nel suo lavoro, la sicurezza con cui ha scelto di collocarsi in una prospettiva autenticamente moderna (siamo nel XXI secolo, ma non trovo ancora un termine migliore), individuando le fonti migliori a cui poteva attingere e scartando senza esitare le astuzie di molta arte contemporanea. E’ un segno di intelligenza di cui bisogna dargli atto; anzi, viene da chiedersi che cosa avrebbe fatto un pittore così lucido in un momento storico favorevole agli artisti e non, come quello attuale, tagliato su misura per i “creativi” e i pubblicitari. E’ soprattutto per via di questa lucidità che le sue opere hanno attirato subito la mia attenzione. Perché una scelta del genere equivale a un atto critico, paragonabile ad alcune idee che avevo provato a formulare con le parole: cercare cioè quell’attacco, quel punto di sutura necessario per ricollegarsi a una tradizione vitale, indispensabile ancora oggi, ma da troppo tempo frantumata e dispersa. Anche se il connubio fra crudo infantilismo e ironia nei confronti della società di massa che mostrano questi dipinti sembrerebbe confermarlo, non vorrei semplificare troppo le cose dicendo che quel punto si colloca all’incirca fra l’esplosione dell’art brut e la nascita della pop art. Troppa acqua è passata sotto i ponti, e perciò il riattacco non potrà che essere mediato, alterato da situazioni e sentimenti molto diversi; com’è infatti nel caso di questi quadri, che a tratti rivelano un sarcasmo allucinato, figlio non illegittimo di questi anni difficili e senza mete.
Dicevo che Bruscella è un artista dotato; per spiegarmi meglio, impiegherò un’espressione sportiva e dirò che possiede “i fondamentali” della pittura. Un tempo questa dote era richiesta a chiunque aspirasse a entrare nella squadra delle cosiddette “avanguardie” (persino nelle divisioni minori); oggi a quanto pare non è più così, anzi parrebbe persino d’ostacolo; o forse, più semplicemente, nessuno è interessato a valutare simili qualità perché ne sono richieste altre di altra natura, come la facile presa e la vendibilità. Potrà sorprendere, ma tra i “fondamentali” a mio parere non vanno considerati soltanto la coerenza e l’incisività del segno (una dote che Bruscella ha acquisito attraverso la pratica ininterrotta del disegno), il faticoso equilibrio fra la spontaneità e il controllo critico (che scaturisce appunto dalle “coincidenze” che occorrono sulla tela), il continuo affinamento tecnico (il collage, già sperimentato in passato, s’integra qui al segno d’impronta grafica e alle luminose campiture cromatiche, caricandole di significato), il senso vivo della composizione e del colore – tutte qualità che Silvano possiede in grado elevato -, ma anche, forse soprattutto, l’orientamento essenziale nei confronti di valori umani e di pensiero, senza i quali l’arte non sarebbe che decorazione. Orientamento che, tuttavia (ciò che non sembra molto chiaro ad alcuni suoi colleghi impegnati “nel sociale”), gli artisti dovrebbero esprimere utilizzando soltanto i mezzi propri dell’arte.
Ebbene, mi pare che Bruscella esprima questo orientamento essenziale in un “disagio della civiltà”, nel rifiuto di una comunicazione apparentemente seduttiva – ma in realtà violenta e totalizzante – che riduce gli uomini a consumatori. Bruscella ne sfronda gli allori, ci mostra che l’antropologia della società che essa pretende di rappresentare è di natura quasi opposta, tutt’altro che tranquillizzante. In questo senso i suoi graffiti grotteschi fotografano una realtà oggettiva, raccontano in modo veritiero la nostra vita quotidiana.
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