MostraMi, dopo la street art, presenta in Duomo l’artista popolare Antonio Conte.
Sotto piazza del Duomo, lungo il passaggio pedonale che conduce alla metro all’altezza de La Rinascente, presentiamo gli artisti del collettivo MostraMi portando l’arte giovane nel quotidiano di tutti noi.
Nel nuovo allestimento proponiamo “La vita segreta di due pesciolini milanesi (THE TRUMAN SHOW)” realizzata durante la performance di Antonio Conte in occasione del FuoriMostraMi (31 Maggio- 6 Giugno 2012).
Per avere una visione completo di Antonio come artista gli abbiamo chiesto di raccontarci del suo percorso, le sue esperienze e soprattutto del suo lavoro.
Prima di andare a vedere la vetrina, leggete questa splendida intervista!
Partiamo dalla tua formazione: cosa ti ha spinto a fare la scelta di iscriverti all’Accademia di Belle Arti di Napoli, come sei arrivato alla decisione di studiare, immagino, pittura, non ti ha frenato un po’ la prospettiva lavorativa incerta? E’ stato più forte il richiamo del “fuoco sacro”?
Mi sono iscritto in Accademia due anni dopo essermi diplomato al liceo scientifico e aver sostenuto tre esami di Architettura (fatti per il rinvio militare).
I miei non volevano che facessi l’Istituto d’Arte per quella “prospettiva lavorativa incerta” di cui parli anche tu, così ho fatto lo scientifico e dopo mi sono iscritto alla facoltà di Architettura, il che mi sembrava un compromesso tra il “fuoco sacro” (sempre citandoti) e il resto del mondo ma, i compromessi non possono sempre andare bene e così ho lasciato tutto per l’Accademia di Belle Arti.
Ho lasciato tutto dopo un incontro fatto a Milano (Milano ritorna) con un fumettista, di cui non ricordo il nome (forse non l’ho mai saputo), ad una Fiera del fumetto dove gli ho mostrato i miei disegni (volevo fare il fumettista all’epoca). Questo signore, che ringrazierò sempre, mi disse che se solo avessi voluto veramente avrei potuto e così, tornato a Napoli, andai da mio padre e gli dissi che avrei lasciato Architettura per iscrivermi all’Accademia di Belle Arti.
Non ho studiato (come immagini tu) pittura ma decorazione per un errore di fondo, forse perché tutti mi dicevano che decorazione era più completa e comprendeva anche esami di plastica e così mi sono diplomato in decorazione con voto finale 108 nel 2009.
La prospettiva lavorativa incerta? Sì, hai ragione non è facile però, durante gli anni dell’Accademia e non solo (dai 20 ai 28 anni, più o meno) ho lavorato nella tabaccheria di famiglia. Dopo un po’, io e mia sorella gestivamo tutto e ci dividevamo il carico (infatti un mio grande rammarico è non aver vissuto appieno gli anni dell’Accademia perché seguivo il corso e subito dovevo tornare a lavorare).
Tutto questo per dire che sì, è reale il problema della “situazione lavorativa incerta” ma, io so anche che cosa vuol dire fare un lavoro che non ti piace. Essendo la tabaccheria di famiglia non potevo certo lavarmene le mani come un qualsiasi lavoro, lo dovevo fare. Quando poi l’ho potuto lasciare, di andare incontro ad una situazione lavorativa incerta non me ne fregava niente perché non c’è situazione lavorativa sicura che tenga quando non ti piace quello che stai facendo. Io mi sono dato degli anni di tempo per provare, per tentare, per non guardarmi indietro un giorno e dire: chissà…però…forse…
Il fuoco sacro quindi è stato più forte? Sì diciamo di sì o forse è stata l’unica cosa. Credo che non si tratti di un richiamo, si tratta di, come dire, l’unica cosa che veramente sai fare ( o pensi di saper fare, poi si vedrà).
Qual’è stata la strada che ti ha portato alla definizione del tuo stile? Riconosci qualcuno come tuo maestro? C’è stato qualche incontro importante che ti ha guidato fino a qui?
Dici che sono arrivato a una definizione del mio stile? Non credo o almeno a me non sembra, anzi qualche volta mi sembra tutto il contrario; come se io non avessi una mia cifra stilistica ben riconoscibile e forse nemmeno mi interessa averla. Anche se tutti dicono che i miei lavori si riconoscono, a me non sembra mai. Ma credo che sia tutta questione di insicurezza. Maestri dici? Non credo di averne, o almeno, non li ho trovati ancora o non li riconosco come tali. Credo che nemmeno mi piaccia la pittura. Incontri importanti neanche, magari piccoli e medi, che ti cambiano il percorso senza volerlo, semplicemente facendoti girare al punto giusto ma senza fartene accorgere. Devi leggermente e solo successivamente ti accorgi che è stata una Signora Deviazione. Scavando nel baule della memoria mi viene da parlarti del fumettista sconosciuto, della mia professoressa d’italiano del liceo, pace all’anima sua, che una volta, come commento finale ad un tema, mi scrisse qualcosa del tipo che cosa ci facevo ancora lì, dovevo andare a disegnare! qualche amico che mi ripete sempre che nella vita non basta volere ma bisogna desiderare ardentemente, qualche ragazza in particolare. Insomma persone comuni come me e te.
Osservando le tue opere colpiscono i colori forti e le poche pennellate che con facilità definiscono volti, le persone sono il tuo soggetto più ricorrente con particolare attenzione alle donne e gli amici perché? ti piacciono le storie, i racconti di vita che le persone si portano dietro o sei il solito artista ego riferito che il realtà parla sempre e solo di se stesso?
Le persone sono il mio soggetto più ricorrente da qualche anno ormai, prima non mi interessavano a tal punto che dipingevo, al massimo, manichini qualche volta anche senza testa; pensa che, durante una mostra, una signora mi chiese se odiassi le persone e gli esseri umani visto che non li dipingevo mai oppure senza testa.
Prima ero molto più interessato, forse, al mio mondo interiore e basta, senza uscire dalla mia stanza (metaforicamente parlando, è chiaro) forse ero il solito artista egocentrico (o forse lo sono più adesso, non saprei). Fatto sta che ho iniziato, ormai tre anni fa, questo progetto che si chiama “Facce da Facebook”, dove attraverso le persone più disparate, racconto le storie e le vite di questi personaggi che non sono altro che quello che mi cattura e colpisce nelle persone, quindi si può dire che non faccio altro che continuare a dipingere il mio mondo, la mia stanza, uscendo però, questa volta, dalla porta principale e bussando alla porta delle persone.
Ora mi interessa la comunicazione. L’arte intesa come comunicazione ma anche la comunicazione di oggi e il mondo in cui viviamo dove siamo tutti personaggi e tutti vogliamo esserlo. Famosi per qualcuno, famosi per gli amici; mi interessano i meccanismi dei social e dei reality. Anche la performance realizzata durante il fuori MostraMi… (questa parte della risposta la riprendo dopo).
Mi interessa anche la partecipazione del pubblico pagante (come direbbe qualcuno), voglio uscire da quella mia stanza e stare fra le persone, essere un vero artista popolare nel senso più genuino del termine, ecco poi il perché di “Mail art”, “Arte parassita”, “Taccuino di viaggio” e “Amici di Antonio in giro per il mondo”. Particolare attenzione alle donne? E’ vero, ma sai che l’ho notato solo dopo che me lo hai chiesto. Comunque molto è dovuto allo specchio. Mi piacciono molto i ritratti allo specchio e per il progetto “Facce” rubo le foto delle persone dal social e per lo più sono le donne ad avere le foto allo specchio. Gli uomini forse sono meno vanitosi oppure vanitosi in maniera diversa. Ultimamente sono attirato dalle donne che si truccano (anche gli uomini in questo senso sono affascinanti ma se ne trovano di meno) perché l’atto del truccarsi allo specchio (due piccioni con una fava) lo trovo molto seducente e inoltre si collega alla mia passione per i manichini (adoro i manichini delle vetrine) e infatti, se ci fai caso, soprattutto gli ultimi ritratti, sembrano sempre donne mascherate come i mangiafuoco del circo o i mimi con le facce tutte bianche.
Mi piace molto, in questo senso, la faccia bianca e lasciare delle parti non dipinte dove si intravede la carta da pacchi. Sembra quasi come se il colore della carta fosse il colore della pelle e il bianco il cerone, il trucco, la maschera.