Andrea Angelino Catella nasce a Torino, dove vive e lavora. Da autodidatta ha iniziato ad avvicinarsi alla Fotografia attraverso la sperimentazione dell’uso del mezzo fotografico. Affinando la propria passione frequentando la Società Fotografica Subalpina, dove raccoglie i primi consensi, partecipa alla sua prima esperienza espositiva nel novembre del 2017 alla 13esima edizione di Paratissima, con tre opere basate sul concetto di rielaborazione del concetto di Polaroid e sui giochi di ombre.
Legato al concetto di Street Photography e alle immagini minimal, i suoi lavori sono il risultato dell’incontro di queste due esperienze visive. Nascono così scatti in cui il singolo soggetto rappresentato anima l’inquadratura dialogando con il contesto spaziale in cui è immerso. Forte rimane l’interesse per i giochi di luce, ma soprattutto hanno un grande ruolo le geometrie, che rappresentano una componente fondamentale in ogni scatto, nel quale si cerca di riproporre, il più possibile, un’ idea di estetica assoluta. Ogni immagine proposta, risulta quindi essere il più possibile priva di elementi di disturbo che potrebbero distrarre l’osservatore, in modo da rendere l’immagine capace di una lettura immediata, equilibrata ed il più possibile, ideale.
Da sempre fortemente appassionato di Cinema, cerca di racchiudere dentro ad ogni fotografia un istante ben definito di un ipotetica storia, nel quale, chi osserva, spesso riesce a ricostruirne soggettivamente una trama o un’emozione narrata.
Le opere qui proposte fanno parte del progetto “Small World”, dove il fotografo ritrae scene di vita in varie località, scattate da diverse altezze. Ogni scatto porta l’occhio a perdersi nella vasta area inquadrata, nella quale persone conducono le proprie attività ignare di essere osservate. Il progetto nasce da un’idea dell’artista di ricondurre a una situazione di uguaglianza e parità tutti gli esseri umani : abbassandone le dimensioni, non è quasi possibile individuarne il sesso, la classe sociale o l’etnia, mentre invece risulta immediatamente riconoscibile l’ambiente circostante. In questo modo, l’autore intende ricordare a chi osserva che non esistono differenze nella razza umana, ma che siamo tutti abitanti dello stesso Pianeta che ci accoglie.