Il giovane artista emergente Dario Moretti nasce a Vigevano nel 1981. Oltre che alla pittura, si dedica alla pallacanestro, alla cucina ed è un amante dei viaggi. Simone Zeni ritiene che ci sia una componente nei lavori di Dario Moretti che è fondamentale, ancor prima che per comprenderne l’opera, affinché lui il realizzi: la spontaneità. Niente simbologie e panegirici concettuali, perché lui guarda, quindi sceglie e poi riporta. I suoi ritratti sono privi di fronzoli, schietti, una testimonianza di ciò che l’artista vede e riporta su tela, azzardando al massimo sugli accostamenti di colore. Complesse sono semmai le tecniche utilizzate per la realizzazione delle opere, molteplici e sovrapposte che convivono infine alla perfezione in un risultato che strizza l’occhio al design. Alla pittura più classica viene affiancata ora la colatura che delinea il volto, ora il collage, ora l’applicazione di rame ed altri materiali. L’esigenza poi di Moretti di virare verso la tridimensionalità appare evidente. E diventa innegabile, davanti alla più personale delle tecniche che usa, quanto sia evidente la sua necessità si uscire dalla monodimensione, occupare spazio: Dario Moretti, con una manualità innata che sa di antico, quasi perduto, intaglia gli strati di colore, impiega tempo ed una meticolosità certosina per ottenere inaspettati giochi di colore. Ne escono quadri che sono anche un po’ scultura, dai toni sgargianti e un po’ vintage che ricordano quelli mobili in formica del anni ’60 (dettati prettamente dal gusto), con fantasie optical che appagano la vista. Dei ritratti, in sostanza, che vanno oltre la pittura e, pur mantenendo l’esclusività del pezzo unico, ma diventano complemento d’arredo. La stessa cosa che si riscontra nella produzione di opere di dimensioni più piccole ma che mantengono la stessa essenza: collage snelli, ritratti in cui appare più equilibrato il rapporto tra esercizio della materia e disegno. Si potrebbero scomodare le citazioni pop dei ritratti di Andy Warhol e del richiamo ai fumetti di Roy Lichtenstein, ma è forse superfluo scomodare padri che sono uguali per tutti. Meglio allora godersi un (proprio?) ritratto scanzonato di Dario e non farsi troppe domande. È così che fa lui.