Filippo Todisco, in arte Essere2.0, è un artista di 28 anni. Nasce a Monza (1993) e lavora a Milano, tra la pittura e l’abbigliamento genderfluid.
Il suo percorso inizia da bambino, grazie al primo brusco incontro con la realtà della vita e le sue sfaccettature tanto meravigliose quanto terribili.
È la morte di sua madre, alle porte del quinto natale, che lo porta ad accostarsi ai colori, ai pennelli, a mettere prima su carta e poi su tela un’intera esistenza di parole, impronunciabili, a disegnare e dipingere ciò che non può essere espresso da un bambino.
La morte di una madre, il dolore, la mancanza di parole, lo spingono a muovere i primi passi, a dipingere i primi ed acerbi quadri, ad affinare un gusto artistico sempre più astratto per esprimere un mondo interiore tanto immateriale, quanto legato alla personale esperienza di vita.
La svolta, fortunata, a diciotto anni gli viene diagnosticata una malattia rara al midollo osseo, cronica, che lo porta ad avere un’emorragia celebrale.
Un mese e mezzo di coma, segni indelebili prendono forma su un corpo acerbo che ha ormai smesso di crescere.
La perdita della vista periferica, di sette decimi per occhio, l’epilessia. Niente più pittura, niente arte, tutti i dottori sono d’accordo sul fatto che una matita o un Pennello non sfiorerà più le sue mani.
Eppure, finito il liceo, mosso da un’instancabile voglia di conoscere ed imparare, entra in Accademia e, qui, porta avanti i suoi studi, incentrati sul fashion, specializzandosi nel menswear, mentre nel privato, con fisioterapia ed impegno, riprende a disegnare e col tempo a dipingere.
È nel periodo degli studi, osservando una mano che disegna, che mette le sue basi artistiche.
Del tratto fluido e naturale della gioventù non c’è più traccia.
Linee rotte, nette, iconografiche e graffianti prendo forma, a descrivere corpi imperfetti fatti di cicatrici, brutte solo all’apparenza.
La scoperta dei colori acrilici veloci, brillanti, epilettici come i bagliori luminosi che vede nelle sue crisi.
Il disegno digitale, a mano libera, fatto di pennelli e linee stampate su tela, carte o Forex, si sovrappone e si mischia alla pittura.
Le tele in canvas o iuta si mescolano ad assi di legno di recupero e alle stoffe di capi che lui stesso cuce, riflesso di un bisogno di espressione infinito, che non è in grado di risolversi nei limiti di una tradizionale tela.
Un’intera esistenza fatta di dolorose gioie e meravigliose tragedie danno forma ad opere che raccontano la meraviglia di una vita qualunque di uno, nessuno e centomila, che, partendo da una sensazione, un ricordo, un’esperienza prende forma su tela, stoffa, pelle e legno attraverso un linguaggio semi astratto.
Il colore, steso sempre puro e non mischiato, la pittura acrilica, asciugata in fretta, stratificata e fatta di errori programmatici, le linee graffiate che prendono forma come Lettering caotico e d’impatto, danno forma ad opere che riflettono sulla bellezza della vita in ogni sua forma, spingendo l’osservatore a provare una sensazione, un ricordo, unico per ognuno.