Mi chiamo Simone Butturini. La mia ricerca artistica inizia all’età di vent’anni, all’Accademia di Belle Arti di Verona, dopo un periodo di ricerca che mi ha portato a dipingere gli spazi sportivi dei palazzetti del ghiaccio, spazi e arredi essenziali, quasi geometrici in cui la tavolozza era prettamente monocromatici.
Fin dal principio la mia ricerca pittorica si è basata sullo studio assiduo e costante; numerosi i disegni, gli schizzi e abbozzi su cartone, prima di realizzare un dipinto, diversi gli album-libro che trattano i soggetti in modo diverso, i disegni ad acquerello per esprimere l’immediatezza della pennellata, non aggressiva, o disegni a pastello su carta scura più incisivi. Nella seconda fase di elaborazione ad un dipinto, la mia gestualità si traduce in una costruzione progressiva della forma e in una successiva cancellazione della stessa, in un avvincente dialogo tra la figurazione ed il principio di astrazione, sulla soglia del reale.
Le mie tele sono visioni, suggestioni della realtà, sogni mentali che si concretizzano: “dipingo ciò che tace” è il mio motto. Oggetti inanimati divengono i veri protagonisti della scena, al punto che nelle mie tele spesso non è presente la figura umana: lo faccio volutamente, mi interessa ciò che lascia la traccia della presenza dell’uomo, su letti disfatti, cene imbandite sospese nella sera, piatti vuoti, lampadine al soffitto come amuleti.
Dal 2004 realizzai alcuni grandi dipinti a pastello ad olio di forte impatto, una tecnica che mi permetteva di analizzare il particolare senza perdere la freschezza dell’impasto e la visione dell’insieme.
Dall’estate scorsa la mia ricerca ha imboccato una nuova strada: mi sono accostato a un’arte di riciclo, attraverso la tecnica del collage e al tema natura ecosostenibile. In questi lavori su tela ma soprattutto su cartone, creo più piani nel dipinto, in modo da ottenere sovrapposizioni a più strati.