Mi sono formato come scultore sotto la guida dei maestri Giancarlo Marchese, Giampiero Moioli e Francesco Poli. Durante e dopo gli studi accademici ho partecipato ad alcune mostre collettive ma sempre accompagnato dall’idea persistente che le mie ricerche e la mia identità professionale avessero bisogno di più tempo e spazio per raggiungere un livello di consapevolezza per me più accettabile. Sono infatti convinto che la scultura e il mio personale modo di vivere la creazione artistica, richiedano un tempo più lungo di quanto non suggeriscano i ritmi convulsi della contemporaneità. Per questo motivo, pur continuando una intensa e proficua attività in studio, e altri mille impegni e lavori, ho interrotto ogni attività pubblica dal 2005 al 2010.
Per indole e per bisogno, ho da sempre accompagnato l’attività artistica al lavoro di educatore e – in particolare – ho lavorato per ben 13 anni in strada con homeless affetti da gravi patologie psichiatriche.
E’ anche grazie a questo lavoro che ho potuto avvicinarmi alla strada con un punto di vista del tutto particolare e le mie opere – inizialmente più legate ad un’iconografia informale, hanno iniziato ad assorbire parte degli stilemi della street-art, quella che penso possa essere la forma d’arte più autentica dell’ultimo secolo.
Nel 2011 ho ripreso a frequentare concorsi, mostre e operatori del settore nella piena consapevolezza di non avere ‘in tasca’ alcuna certezza ma delle buone domande, una buona conoscenza dei miei limiti e delle mie potenzialità e, soprattutto, ancora una strada da percorrere.
Poetica
Il mio lavoro è incentrato in particolar modo sul rapporto fra l’uomo contemporaneo lo spazio/tempo che vive, nella convinzione che il confronto/scontro con le ambiguità e incertezze della civiltà contemporanea (particolarmente manifeste nelle geografie metropolitane) suscitino forti domande di senso che forse solo un percorso di approfondimento artistico può arrivare a cogliere nella loro complessità. Sono infatti convinto, come già sosteneva C.G. Jung, che l’arte abbia fra le sue funzioni anche quella non sempre consapevole di colmare la ciclica mancanza di senso che caratterizza di volta in volta ogni epoca storica. Nel nostro tempo si è verificato un distacco sempre più accentuato dall’accettazione del dolore come parte integrante della quotidianità: tendiamo a caratterizzare ogni evento, persona o cosa come “buono” o sbagliato” con lo scopo di allontanare ogni presunto stimolo negativo. E’ un meccanismo di difesa che si accontenta di facili ed esteriori compiacimenti a scapito di un confronto con la diversità che, per quanto faticoso, è altrimenti foriero di ricchezza, senso e bellezza.
E’ con questa consapevolezza che ogni giorno mi accingo a lavorare: senza cercare per forza di dare un senso o un significato preciso e univoco alle singole opere, ma affrontando la scultura come un linguaggio che impone, per sua stessa natura, il tempo della riflessione e, contemporaneamente, la necessità di confrontarsi e farsi stimolare dal territorio e dai materiali che produce o contiene. E’ su queste basi che ogni giorno rafforzo la scelta di utilizzare gli strumenti e i materiali classici della scultura accanto a tecnologie più moderne e, soprattutto, ai materiali che la città produce e, sempre più spesso, getta.
In quest’ottica ho voluto/dovuto improntare il mio linguaggio espressivo che, al di là delle numerose influenze date dei miei mentori e dai numerosi esempi di maestri moderni e contemporanei, vorrei aggiornare quotidianamente attraverso la meditata rielaborazione degli stimoli della realtà che mi circonda e mi interroga.
Metodo
Invidio la capacità di molti colleghi di produrre con grande rapidità ottimi lavori. Io sono lento come solo uno scultore può essere. Anche davanti ad un piccolo disegno o ad una scultura di carta, il mio tempo si dilata alla ricerca della giusta linea o di una inafferrabile armonia di volumi e spesso la mia attività di studio si riempie di pause di meditazione e osservazione. Non è un metodo scelto ma il risultato di un percorso che mi ha portato a cercare la sintesi tra la scultura (la più prosaica e artigianale delle arti) e la leggerezza spesso inafferrabile di quelle che ritengo essere le più efficaci forme di espressione della contemporaneità: dall’accumulo dei rifiuti agli angoli delle strade alla presenza silenziosa e ingombrante degli homeless, dalla ragnatela dei cavi dei tram che riempie interi angoli di cielo, fino ad arrivare alla sintesi delle tag sui muri o alle esplosioni cromatiche degli street artist, ogni espressione autentica e non formale della quotidianità urbana diventa per me fonte di riflessione e spesso anche materia prima da plasmare alla ricerca di un linguaggio che possa sintetizzare i dubbi irrisolti che riguardano la contemporaneità. Da questo scontro/incontro spero nasca qualcosa di buono.
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