Non di solo simbolismo espressionista si nutrono le tele di Abbagnara , nella sua costante rielaborazione dell’arte di popoli che vivevano ancora allo stadio tribale (Africa, Oceania, America meridionale),dove l’artista ha avuto modo di soggiornarvi e assimilare traendo ispirazione dalle fantastiche visioni dei suoi colleghi pittori e scultori dove scoprono nell’arte primitiva anche una dimensione magica ed erotica , nonché s’ispirano agli aspetti mitici e rituali delle civiltà primitive e alla loro idea della morte.
Il Primitivismo proclama quindi la necessità di una liberazione dell’uomo dalla civiltà, intesa come costrizione innaturale della spontaneità e della libertà individuale ed auspica un ritorno alla genuinità. È quindi lo spaesamento surreale ad affascinare l’artista nello stridulo vocalizzo dei personaggi dalla valenza enigmatica, affiorante quando abbiano perduto la loro funzionalità storica o quando siano stati liberati dalle loro funzioni“canoniche” quotidiane.
L’artista primitivista crea assecondando una personale pulsione emotiva confluente in una comunicazione immediata e sintetica, di grande efficacia pur nell’estrema esiguità dei mezzi, al di là delle convenzioni formali, sotto il predominio dell’istinto, in un linguaggio arcaico e primitivo dallo stile semplificato: in architettura, in scultura ed in pittura, sia la scelta delle tematiche che l’adozione delle tecniche più idonee risentono di queste aspirazioni ad una semplicità d’altri tempi, alla ricerca di veridicità e rinnovamento del linguaggio, anche se poi prevarranno posizioni opposte, astratte e decisamente antimimetiche, soprattutto nella ricerca cubista.
Uomini ridotti a play station, urlanti il diritto ad essere ed ad avere, memorie di percorsi estatici ed antiestetici (perché no?): il voler“guardare” oltre gli orizzonti immediati e a porsi in contrapposizione con le tre dimensioni in cui si colloca la realtà delle cose e la psicofisicità dimensionale della pittura, dove reagisce nel poter raffigurare le reali mostruosità quotidiane che provengono tutte dalla mente dell’uomo, e non dalla natura.
Il concetto di nuovo “cranio contenitore” porta alla riflessione sulla struttura della modernità,dove l’uomo è sintonizzato e incanalato in una spaventosa iperrealtà ormai malata da troppi input e da infinite informazioni e immagini in una costante sovraesposizione.
Un normale cranio umano non riuscirebbe più a contenere e immagazzinare tali dati, ecco quindi che in una realtà non troppo lontana, si giunge al Super Cranio espressione e identità del nuovo homo sapiens. L’evoluzione trasforma così la normale scatola cranica in uno spazio più efficiente, più recettivo e capiente, rimane colpiti dalla relativa piattezza e dalla “incorporeità” di certe sue percezioni dell’umano ,poiché l’occhio viene attratto dai contorni esterni o dal disegno o dalla pittura che ne decora la superficie.
Il nuovo homo agisce e ottimizza la realtà tramite la testa, fulcro nevralgico del corpo, ormai in grado di contenere sempre più input e sempre più informazioni illimitate, relegando il resto del corpo a una massa inerte, esile, atta al solo sostentamento linfatico. opera d’arte unica, irripetibile, riproducibile all’infinito.
Abbagnara rappresenta in modo coerente la visione del suo super uomo con cervelli giganteschi ed immortali quella che secondo le sua interpretazione sarà la nuova simbiosi computer / cervello, un calcolatore Alway ON che trasmette, recepisce e immagazzina tutti i dati in questa illimitata banca di memoria la quale viene frullata e riproposta in chiave primitiva , dove segna il paesaggio urbano e metropolitano attraverso immagini simboliche e arcaiche tradotte e usate in termini di nuovo tribalismo.
Nell’era della globalizzazione in cui tutto viene ridotto ad un’unica dimensione, a fronte quindi di un appiattimento delle identità culturali, vediamo sorgere ancora atteggiamenti ed espressioni di culture spontanee che rivendicano una originalità perduta.
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