Nata nel 1979 a Bari, Mariangela D’Avino dal 2005 vive e lavora a Reggio Emilia.
Ha presentato le sue ricerche nell’ambito di alcune esposizioni personali, ultima delle quali allestita a fine 2011 presso il circolo Unicredit di Reggio Emilia.
Nel 2012 partecipa con i fotografi del circuito CSArt al progetto Agorà, all’interno della nuova edizione di Fotografia Europea 2012, presentando il lavoro ”Non ti sento”.
Sempre nel 2012 vince il concorso indetto dal Consorzio di Bonifica dell’Emilia Centrale nella sezione Portfolio, esposto poi nella sede provinciale di Reggio Emilia.
Nel 2011 ha partecipato, grazie all’invito del circolo Fotografico Maldotti di Guastalla, ad una collettiva dedicata all’acqua in tutti i suoi aspetti: ”Chiare fresche dolci acque”, allestita presso Palazzo Ducale di Guastalla.
Si occupa prevalentemente di ritrattistica e fotografia meccanica, con particolare attenzione agli impianti di bonifica del Po, alla sua storia, agli uomini che per un secolo hanno dedicato la loro vita al fiume e oggi vivono ancora in ogni catena e in ogni singolo ingranaggio.
Attualmente sta lavorando su un nuovo progetto che si conuighi con la sperimentazione di mezzi analogici.
Il lavoro che presenta s’intitola “Non ti sento” e nasce all’interno di un progetto collettivo di fotografi reggiani aderenti al circuito Csart, il progetto Agorà, esposto al
pubblico in occasione dell’edizione 2012 di Fotografia Europea, dedicata alla vita comune.
La sua interpretazione prende il via da un concetto di Bauman, “oggi è rimasto poco degli antichi spazi pubblici/privati, ma non se ne intravedono di nuovi idonei a rimpiazzarli” (cit. Da La solitudine del cittadino globale).
A prescindere dal momento, dall’estrazione sociale e dall’ età, le persone forzosamente portate in luoghi di finta aggregazione sociale come la banchina di una stazione periferica o il giardinetto costruito in una zona industriale riusciranno ad evitare l’altrui sguardo, a non ascoltare i discorsi di circostanza, a non rivolgere la parola all’occasionale vicino, neanche quando il contatto visivo è inevitabile, quando la vicinanza è evidente; le persone costrette a dividere il proprio spazio fisico con altre persone non cercheranno un contatto umano ma lo eviteranno rigorosamente, dimostrando così quanto l’uomo di oggi non abbia bisogno di nuove agorà ma di nuovi strumenti per riappropriarsene.
Ancora nessun opera caricata.. |