Il lavoro di Michela Pascucci parte dall’indagine sulla materia; naturale, terrena, organica, logorata e trasformata dal tempo, materia inizialmente semplicemente ritratta in scatti fotografici come unica rappresentazione di se stessa; per poi proseguire nella successiva serie di lavori “corporeo”, dove inserisce lo studio dell’elemento umano (e non a caso del suo stesso corpo) scivolando in una dimensione che passa dal personale più intimo all’universale: l’uomo, con il suo successo e fallimento,vittoria e sconfitta, gioia e dolore è irrimediabilmente soggetto al principio delle mutazioni presente in natura.
Ritorna di prepotenza l’elemento naturale in uno dei due progetti che sta portando avanti attualmente, la serie dedicata alle muffe: queste aggiungono anche, oltre allo studio attorno alla materia, un forte legame con una visione – usando un linguaggio attuale – “green” e “slow” della società odierna. La muffa nasce da un rifiuto, nasce da qualcosa che altrimenti verrebbe considerato scarto, e si fa portatrice di una visione eco-sostenibile a cui l’autrice è molto legata.
Un diverso progetto al quale l’artista sta attualmente e contemporaneamente lavorando è un diverso studio, dove l’indagine artistica si fa più intima, si sposta su altri piani di forte valore simbolico, culturale e sociale. Qui Il corpo fotograficamente usato e abusato (quasi come una sorta di rivendicazione) è, non a caso, quello maschile. I temi affrontati sono quelli dell’abuso e della violenza, da quella più sottilmente psicologica a quella apertamente e brutalmente fisica , dell’uomo sul corpo e la vita della donna.
Alla base c’è sempre un’indagine artistica, attuata con il mezzo fotografico e attraverso gli strumenti della post-produzione fotografica, continuamente al confine tra realtà e surrealtà, in cui la tecnica fotografica passa assolutamente in secondo piano a favore di uno studio, continuo, sul tema e sul progetto.
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