Chiara Licata, classe 1982. Sono nata a Milano dove vivo, lavoro da più di dieci anni dietro le quinte di un’emittente televisiva locale. Laureanda del corso di Comunicazione e Didattica dell’Arte presso all’Accademia di Belle Arti di Brera. Gli studi linguistici e la grande passione per il viaggio mi hanno portata spesso all’estero per periodi, che seppur brevi, sono stati occasione di confronto con realtà culturali differenti, ispirazione per il bagaglio visivo oltre che inesauribile fonte di arricchimento per l’anima. La fotografia è da sempre il mezzo espressivo che prediligo perché è quello che più rispecchia il suo modo d’essere. L’immagine porta con sé una sorta di corazza, custodisce un senso celato al suo interno da cogliere; mantiene un velo di protezione di cui la parola è sprovvista; la parola espone, ti rende vulnerabile. L’immagine per me è un rifugio e comporta una traduzione. Il messaggio non è sempre immediato ed implica la volontà di chi la osserva di oltrepassare questo confine, di voler andare oltre la superficie per poterlo comprendere.. amare o odiare.
“Andare alla deriva” e “decostruire”, sono le due pratiche di riferimento che strutturano il mio progetto fotografico intitolato DeCostruRive. “Decostruire” è un’azione concettuale; è lo sforzo da compiere nel cercare di dimenticare le forme che si osservano, ricreandone di nuove attraverso lo sguardo, distruggendo metaforicamente il già visto. E’ un pò come essere degli architetti pur non edificando uno spazio fisico se non quello dell’immagine: è essere “architetti dell’immagine”. Nel tempo questo duplice esercizio estetico è entrato nella mia quotidianità, slegandosi dal contesto specifico del viaggio. Riflettere sul fatto che i luoghi che abitiamo, in cui siamo cresciuti e che dovremmo conoscere come le nostre tasche, spesso non lo siano affatto, mi ha portato ad intraprendere un nuovo viaggio nella mia città, cercando di guardarla con nuovi occhi.
La presenza umana è di solito uno dei centri della mia ricerca, mi piace osservare come interagisce e si relaziona con lo spazio della città, come crea e distrugge l’equilibrio dell’immagine continuamente, essendone protagonista inconsapevole ed in costante movimento. La composizione dell’immagine è la somma di tantissime variabili imprevedibili che si risolvono nell’attimo dello scatto. In questo progetto ho scelto tuttavia di concentrami esclusivamente sulle architetture cercando di astrarre nuove forme. Ho fotografato con un’inquadratura stretta che impedisce di cogliere il soggetto nel suo contesto più ampio e costringe lo sguardo nello sforzo di indagare il dettaglio. La presenza umana non è del tutto assente, anzi in molti scatti è proprio l’elemento di rottura, di disturbo alla precisione e al rigore geometrico delle forme architettoniche.
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